Come Potare la Palma

Potare una palma non è lo stesso esercizio che si affronta con gli alberi da frutto o con le latifoglie ornamentali. La palma non possiede un cambio esterno in grado di cicatrizzare i tagli né rami veri e propri: ogni fronda parte direttamente dal meristema apicale, il cosiddetto “cuore” situato in cima al tronco, che concentra tutto il potere di crescita. Se quel cono vegetativo viene ferito, l’intera pianta muore. Da questa peculiarità deriva la prima regola della potatura: intervenire soltanto sulle foglie secche o gravemente danneggiate, sempre lasciando intatte le fronde verdi più giovani che circondano il punto apicale. Nel comprendere il ciclo di vita di una foglia di palma si scopre che la fase fotosintetica dura anni; anche quando una porzione inferiore ingiallisce, il lembo continua a produrre energia finché non diventa completamente marrone. Potare troppo presto priva la pianta di riserve e la espone a stress idrico, soprattutto in climi aridi dove la chioma serve da schermo contro l’irraggiamento diretto del sole sul fusto.

Stabilire il momento ideale in base al clima e alla specie

Il periodo ottimale coincide con la fine dell’inverno o l’inizio della primavera, quando il rischio di gelate è superato e la pianta si appresta a riprendere la piena attività vegetativa. In aree tropicali, dove non esistono vere stagioni fredde, la potatura si esegue comunque prima del picco di caldo umido che facilita l’ingresso di funghi attraverso le ferite. Specie diverse richiedono approcci lievemente differenti: la Phoenix canariensis, per esempio, produce foglie robuste che restano verdi per lungo tempo e va toccata solo per rimuovere fronde totalmente necrotiche; la Washingtonia robusta, invece, genera un “gonnellino” naturale di foglie secche che protegge il tronco dai raggi UV ma che in contesti urbani si preferisce eliminare per ridurre il rischio incendio. Con le palme da cocco il discorso cambia ancora perché il frutto pesa sui piccioli: qui si interviene per alleggerire il carico e prevenire rotture, ma sempre con tagli mirati che non intacchino i giovani emergenti.

Fare un sopralluogo visivo e preparare gli strumenti appropriati

Prima di salire in quota occorre osservare la pianta a 360 gradi. Si annotano eventuali fronde che puntano verso l’alto ma appaiono lesionate o spezzate dal vento, si individuano i fiori secchi e i grappoli di frutti marcescenti che potrebbero attirare parassiti. Per i tagli si utilizzano cesoie bypass ben affilate per le palme nane, mentre per le grandi palme si impiegano seghetti a dente fine montati su asta telescopica o, quando la fronda è estremamente coriacea, una motosega con lama corta e catena con passo sottile. Prima dell’uso, le lame vanno pulite con soluzione d’alcol al settanta per cento per evitare di trasferire batteriosi da un esemplare all’altro, pratica indispensabile nelle aree dove il punteruolo rosso è endemico. Casco, guanti antitaglio, occhiali e cordini di sicurezza completano l’attrezzatura, poiché le fronde, una volta recise, cadono con slancio e possono raggiungere alcuni chili di peso.

Eseguire il taglio con angolo netto e senza lasciare monconi

La sezione del picciolo va effettuata a pochi centimetri dal tronco, seguendo l’angolazione naturale dell’attacco. Lasciare monconi lunghi facilita l’accumulo di acqua e detriti, creando focolai di muffe lignivore. Il taglio deve risultare liscio, senza sfrangiature, per ridurre la superficie esposta e accelerare la formazione del tessuto suberoso di protezione. In nessun caso si deve decapitare la palma o rimuovere le foglie più giovani, quelle orientate verticalmente che formano la “corona viva”. Se la pianta presenta infiorescenze secche, si recide l’intero stelo florale alla base, facendo attenzione a non intaccare gli abbozzi floreali della stagione successiva che spesso stanno proprio dietro il peduncolo principale.

Gestire le ferite e proteggere il meristema da patogeni

La palma non forma callo di cicatrizzazione assimilabile a quello delle latifoglie; perciò, dopo il taglio, non è necessario applicare mastici sintetici che, anzi, sigillerebbero l’umidità favorendo la proliferazione di fitopatogeni anaerobi. È preferibile nebulizzare una soluzione di rame e zolfo a basso dosaggio sulle superfici recise, così da creare un ambiente ostile ai funghi più comuni. In contesti in cui il Rhynchophorus ferrugineus è presente, si raccomanda di spruzzare in corona un insetticida sistemico registrato per palme, seguendo le dosi di etichetta, e ripetere il trattamento ogni tre settimane nei mesi caldi. Una gestione integrata che preveda trappole feromoniche nel giardino aumenta le probabilità di tenere lontano il coleottero senza dipendere unicamente dal trattamento post-potatura.

Smaltire correttamente il materiale di risulta per evitare infestazioni

Le fronde fresche di palma impiegano anni a decomporsi per via dell’elevato contenuto di lignina, e se lasciate a terra diventano rifugio di roditori e insetti. La pratica migliore consiste nel cippare i piccioli con una biotrituratrice e usare il residuo come pacciamatura nelle aiuole, se l’ambiente è privo di punteruolo rosso. In presenza del parassita, invece, il materiale va incenerito o conferito in discariche autorizzate, secondo le ordinanze fitosanitarie locali. I tronchetti di infiorescenza, ricchi di zuccheri, attirano formiche e vespe: si possono tritare e interrare in compost alla profondità di almeno cinquanta centimetri, dove il processo termico di fermentazione raggiunge temperature che inattivano la maggior parte delle uova di parassiti.

Stabilire la frequenza ideale di potatura in funzione del vigore e dell’estetica

Una palma sana produce tra otto e dodici foglie l’anno, il che significa che in un ciclo di dodici mesi avrà un anello di fronde secche pronte per essere rimosse. Potare più spesso di una volta all’anno, oltre a essere superfluo, espone la pianta a tagli continui che sottraggono energie. Al contrario, lasciar passare più di tre anni permette al peso delle fronde secche di incurvare il rachide e di creare un cuscino combustibile in caso d’incendio. In ambito urbano e condominiale, il compromesso migliore è la potatura biennale, con ispezione annuale per rimuovere singole foglie spezzate o infiorescenze secche a basso rischio per la salute della pianta. Nei giardini privati a scopo scenografico si preferisce un taglio leggero annuale che lascia comunque un colletto di foglie secche in stile tropicale, ma controllato.

Conclusioni

Chi prende in mano le cesoie con la stessa logica usata per prunus e olmi rischia di compromettere irrimediabilmente la palma. Ogni taglio deve essere giustificato dallo stato di necrosi della foglia, da esigenze di sicurezza o da obiettivi estetici compatibili con la fisiologia della specie. Il rispetto della corona viva, la scelta della stagione ottimale, l’uso di strumenti puliti e affilati e la gestione corretta del materiale di risulta compongono una routine che mantiene la pianta in salute e il contesto urbano o paesaggistico ordinato. La palma, così trattata, ricambierà con il suo slancio elegante, un ombrello di frescura e una silhouette che racchiude il fascino ancestrale di paesaggi lontani.

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